La prospettiva migliore sul palazzo di Nicolò si apre davanti
a chi giunge provenendo dall'estremità ovest di Via S.Stefano. L'edificio si
innalza maestoso sull'erta del Dosso, le inferriate proteggono le grandi finestre
del piano terra, nel sottograonda si intuiscono affreschi con temi mitologici e
stemmi, sul tetto si ergono fantastici camini a torre. Anche per chi entra
dall'ampio portale di Via Vergolano, l'antica contrada di Vasocolante, si schiude
un ambiente suggestivo che difficilmente si sarebbe potuto immaginare. Il cortile
interno è rinserrato dal "ferro di cavallo" dell'edificio. L'occhio corre veloce
sui muri, segnati da righe bianche che disegnano eleganti quadrattoni, e si ferma
nell'affascinante sottogronda. Lassù, e vorremo averlo più vivaci, intervallato da
stemmi. Partendo da est incontriamo sullo spigolo lo stemma, inquartato in bianco e
nero, dei Collatlo. Da questa antica e nobile famiglia della Marca Trevigiana
proveniva la seconda moglie di Odorico d'Arco, Susanna marchesa Collalto. Dopo lo
stemma una prima scena: raffigura la vicenda di Muzio Scevola, una delle figure più
note della storia di Roma; condotto dinanzi al re etrusco Porsenna, egli punisce
con fuoco la mano che non aveva saputo uccidere il re nemico.Sotto questa prima
parte di affresco si nota la firma del pittore che l'ha realizzato, nell'anno 1537:
Dionisia di Arco. Si tratta di Dionisio Bommartini, la cui famiglia era originaria
da Agrone nelle Giudicarie. Egli è l'autore probabilmente anche degli affreschi di
palazzo Marchetti e nella chiesa di S.Rocco a Caneve. Quasi certamente egli segue
Nicolò a Mantova e di qui trae ispirazione per queste ed altre scene ispirate ai
motivi cari all'umanesimo. Nell'angolo lo stemma dei Trautmannsdorf, inquartato di
traingoli e rose, rossi in campo bianco. Regina, contessa Trautmannsdorf, aveva
sposato in seconde nozze Paolo d'Arco, fratello di Nocolò d'Arco. Nell'angolo di
nors-ovest si ammira innanzitutto l'insegna dei Clesio. Il manuale di araldica lo
definisce " Campo dello scudo partito: d'acrgento e di rosso a due leoni dell'uno
dell'altro ". Viene ricordato cosi il primo matrimonio di Regina di Trautmannsdorf
con Iacopo di Clese, fratello del notissimo Bernardo, cardinale a Trento. Accanto
lo stemma dei Serego - Malaspina. paolo d'Arco aveva infatti sposato Laura Serego
Malaspina figlia di Cortesia III Serego ed di Giovanna Malaspina. L'acquila nella
metà superiore e le spade nel primo quarto provengono dall'insegna dei Serego,
entre lo spino che mette fiori ricorda i Malaspina. I Serego derivavano dall'antica
gens italica dei Marassi di Vicenza detti appunto di Serativo o di Serego. I
Malaspina invece erano nobili originari dell'alta Toscana; si spinsero poi in
Sardegna ed anche nel Veronese. Concluse la serie dei riquadri una raffigurazione
di una donna stesa, attorniata da putti. Quest'ultima scena non ha, a prima vista,
alcun legame con la storia romana. Sullo spigolo di ovest lo stemma, pultroppo
rovinato, dei Gonzaga. Cecilia, marchesa di Gonzaga, aveva sposato Odorico d'Arco,
portando senza dubbio una ventata di raffinatezza nelle residenze dei conti. Nel
1520 invece Nicolò d'Arco aveva sposato Giulia Gonzaga, del ramo di Novellara. Il
legame con i signori di Mantova testimonia quale era l'importanza che la nobile
famiglia dei Conti d'Arco aveva assunto del XV e XVI secolo. Dal cortile, passando
per una porta con l'architrave variamente scolpita, si entra in una grande stanza
con il soffitto ad avvolto. E' la sala di Nicoò; il poeta ci aspetta in un angolo a
ricordarci le gioie oneste della vita e l'obbligo del riposo per noi che siamo
stanchi. Da vicino ora ammiriamo gli stemmi. Gerard Rill ricorda nella sua " Storia
dei Conti d'Arco" che era consuetudine, nel Cinquecento, decorare una grande stanza
con gli stemmi dei casati con cui si era imparentati o con cui si tenevano rapporti
di amicizia. Ognuno si sarebbe cosi sentito a casa propria e la serenità e
l'allegria non sarebbe certo mancata durante i banchetti. Abbandonando la sala di
Nicolò si può salire al primo piano senza aver ammiratao prima i fornidabili
sostegni del lungo balcone in pietra. Qui si entra in un'altra grande sala con un
magnifico soffitto a cassettoni decorati con motivi finemente elaborati; ma sono le
travi che riservano le immagini più belle. Agli stemi che già abbiamo incontrato si
alternano volti di giovani uomini e donne, uno diverso dall'altro ma opera di una
medesima mano. Si potrebbe supporre che essi siano ritratti di personaggi di Casa
d'Arco. Alcuni si distinguono per una particolare dolcezza espressiva. Alle pareti
sono rimasti pochi brandelli di affresco, piccettati per di più. Quel poco che è
stato salvato dall'incria rivela motivi di carattere mitologico, con fauni e sirene
che si muovono su un fondo scuro. Si intravedono gli stemmi di Odorico e dei
Clesio. Il vento muove foglie gialle rendendo l'atmosfera ancor più irreale. Sotto
l'attaccatura della priam trave, sul lato est, si coglie una lacerto di affresco di
epoca anteriore. Sulla parete ovest, parzialmente rovinata, un grande stemma dei
Serego-Malaspina. E qui non ci resta che chiudere gli occhi ed immaginare qulle
grandi pareti completamente affrescate; sentiremo, in lontananza, il suolo di un
liuto.
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